Così mi piaci…
Capita di frequente sentire un genitore dire al proprio figlio: “Così mi piaci!”.
Mentre facevo la spesa al supermercato, una coppia, padre e figlio di circa 10 anni discutevano sulla scelta di un prodotto alimentare da acquistare; alla fine, il figlio cedeva all’insistenza del padre, che – soddisfatto – rispondeva al figlioletto: “Così mi piaci!”, contrariamente, il figlio non manifestava la stessa soddisfazione.
Se dico “così mi piaci” o “bravo” al figlio che ha accettato il mio consiglio, ho attuato una procedura di “rinforzo”. Rinforzare la risposta significa aumentare la probabilità che il comportamento desiderato si ripeta; infatti, è molto probabile che, per il fatto che io abbia lodato il figlio, questi ripeta il comportamento per il quale è stato lodato.
Di per sé, lodare e rinforzare un comportamento del figlio é pedagogicamente corretto, tuttavia, un bambino esposto continuamente a una comunicazione in cui si sente approvato solo quando il suo comportamento è speculare a quello che il genitore auspica, non aiuta al processo d’individuazione-separazione. E tutto il problema dell’educazione si articola all’interno di una dinamica d’individuazione-separazione che impegna genitore e figlio verso una ricerca crescente di autonomia.
Tra le molteplici funzioni genitoriali che supportano lo sviluppo equilibrato dei figli vi è la funzione proiettiva. All’interno della funzione proiettiva, ogni genitore è chiamato a tollerare l’esistenza indipendente del proprio figlio che consente l’autonomia di quest’ultimo, attraverso la possibilità di disinvestirlo gradualmente dagli aspetti narcisistici, riconoscendolo come “altro da sé”, in modo da lasciare spazio alla costituzione di un “vero sé” (Winnicott, 1974).
Quando i genitori sono sufficientemente consapevoli di utilizzare la proiezione sul figlio di un’immagine ideale di quest’ultimo, insieme alle immagini derivanti da parti di sé desiderate, allora tale funzione è svolta adeguatamente. Quando invece essa è ostacolata dalla presenza di forti proiezioni sui figli di desideri e aspirazioni genitoriali non realizzate, questi ultimi possono finire per compiacere e rinunciare a sentire ciò che autenticamente sentono e desiderano.
E ancora, nella prospettiva psicodinamica, tale modalità si identifica con la figura del genitore “speculare”. Ovvero, si collega al desiderio di plasmare, di modellare l’altro simile a sé, ossia di duplicare il figlio a propria immagine e somiglianza. Il genitore “speculare” cerca di controllare la paura di sentirsi debole e impotente mettendo in atto comportamenti comunicativi per “sottomettere” il figlio. Una comunicazione rigida, non diretta alla crescita, nel tentativo di far sottostare ogni azione altrui alle proprie richieste attraverso il modellamento e il controllo (relazione pigmalionica).
Lo stile comunicativo, nella relazione pigmalionica, si esprime nell’approvare o nel disapprovare i comportamenti del figlio. Ad esempio, “va bene quello che hai detto…”, “è sbagliato il tuo comportamento…”; “sono contenta che tu abbia deciso…”; “così mi piaci”; “così devi fare”. Nella relazione “pigmalionica” il genitore è in attesa di dire “bravo” e il figlio lo sa.
Questo tipo di relazione è castrante e regressiva. Il soggetto plasmato può riprodurre il comportamento del genitore giacché può attendersi da lui protezione e riconoscimento, soltanto, se si adegua alle sue richieste e resta al suo cospetto bisognoso e impotente.
Concludendo, educare significa organizzare, strutturare, configurare, ma anche rendere possibile una scelta e una differenziazione da sé. I genitori, a un certo momento, vanno simbolicamente uccisi dai propri figli. Senza l’omicidio simbolico ogni atto di crescita nell’individuazione di sé viene a essere bloccato.
Quando il genitore è incapace di dominare le proprie angosce di separazione, il suo agire comunicativo non potrà nient’altro che essere un esercizio di potere sull’altro. Soltanto una maturità emotiva e affettiva consente al genitore di comunicare in modo tale da promuovere apprendimenti significativi e cambiamenti intenzionali.
Riferimenti bibliografici
Nanetti F. (1995). Miti e metafore del cambiamento. Il vissuto corporeo nelle situazioni in crisi, Milano: Giuffrè.
Klein M. (2006). Scritti 1921-1958, Torino: Bollati Boringhieri.
Monaco M. (2014). Le competenze genitoriali: conoscerle per sostenere le figure di accudimento. http://www.benessere.com/psicologia/arg00/competenze_genitoriali_02.htm?st=mp&t=1483448190: Accesso il 03/01/2017.